A differenza di altri vicini distretti del Lazio, l’area dei Monti Lepini rivela – appena si consideri in corretta prospettiva storica – una omogeneità storica assai meno concreta di quanto gli attuali orientamenti di politica e promozione culturale vorrebbero suggerire.
In effetti, nel corso di una storia plurisecolare, i Monti Lepini (e le contermini valli Latina e Pontina) hanno via via costituito l’area di contatto e frizione tra diversi gruppi etnici (in età preromana), il comparto geografico di una fitta rete di insediamenti diversi per origine e statuto istituzionale (in età romana e in età medievale), il territorio conteso tra diverse signorie (in età medievale e rinascimentale); nella struttura amministrativa e religiosa dello Stato della Chiesa i Lepini risultavano divisi tra diocesi differenti e chiaramente distinti nei due versanti, montano interno e tirrenico, della “bifronte” provincia di Campania et Maritima. Il carattere storico-territoriale assegnato al Museo di Cori ha inteso illustrare questa complessa vicenda storica e il ricco patrimonio culturale di un ampio settore tra i meno noti del Lazio meridionale. Al contempo, si è voluto porre l’accento sulle forme, i tempi e i contenuti della “riscoperta” dei Monti Lepini e della loro “fortuna” in età moderna e contemporanea quando la suggestione delle vestigia del passato incessantemente richiamava artisti, viaggiatori ed intellettuali italiani ed europei. Non per caso, l’allestimento del Museo si apre con la serie di stampe che Giovanni Battista Piranesi (1764) e Luigi Rossini (1826) dedicarono alle Antichità di Cora, eccezionalmente riprodotte, dai rami originali, dalla Calcografia dell’Istituto Nazionale per la Grafica: questi capolavori dell’incisione italiana, insieme ad analoghe opere del XVIII e XIX secolo dedicate ad altri centri e monumenti Lepini, costituirono il principale veicolo, in ambito europeo, per la conoscenza del patrimonio storico e artistico locale, contribuendo sensibilmente alla formazione della identità culturale della regione. Con eguale intento, il percorso espositivo si chiude con i disegni acquerellati dei monumenti di Cori di Théodore Labrouste, pensionnaire dell’Accademia di Francia a Villa Medici (1831), qui riprodotti per gentile concessione dell’École Normale Supérieure des Beaux-Arts di Parigi: come in altri casi analoghi, l’approccio “scientifico” allo studio dei resti archeologici avviava una nuova stagione di indagini sul patrimonio culturale Lepino secondo metodologie e orientamenti culturali pienamente moderni. Per la sua impostazione, il percorso espositivo del Museo – articolato in otto sezioni cronologiche e tematiche con un impegnativo apparato didattico – evoca diversi contesti geografici e storici dell’area Lepina pur dedicando particolare attenzione all’antica città di Cori nota per la particolare concentrazione di emergenze archeologiche ed artistiche come il tempio detto di Ercole sull’acropoli (seconda metà del II sec. a.C.) e la cappella dell’Annunziata con l’intatto ciclo di affreschi (1422-1460), entrambi Monumenti Nazionali.