Il monastero di San Magno rappresenta un importante patrimonio storico e culturale del basso Lazio. Il complesso religioso, in precedenza abbandonato e in forte stato di degrado, a partire dal 2000 è stato oggetto di lavori di restauro promossi dalla Regione Lazio e dal Parco Naturale dei Monti Aurunci, che contestualmente hanno dato il via ad una campagna di indagini archeologiche. Grazie a questi interventi è stata data nuova vita a tutto il complesso monastico, consentendo in tal modo la fruizione pubblica ad uno dei luoghi più suggestivi del territorio. Il sito ricco di fascino, sia per le bellezze paesaggistiche che per i suoi tesori storici e artistici, ha potuto riacquistare la sua originaria funzione di luogo di culto.
Si legge nei “Dialoghi” di San Gregorio Magno che il monastero fu edificato per volere di Stant'Onorato, patrono di Fondi, nel 522 per onorare il martirio di san Magno, ucciso insieme a san Paterno e a 2597 cristiani, come si evince anche dalla lettura di alcuni documenti agiografici di epoca medievale, come le Passiones, dedicate ai due santi. Sorse in un sito frequentato a partire dall’età romana, di cui restano elementi strutturali ancora visibili, fino al XIX secolo. Il corpo di san Magno giacque nella cripta della chiesa fino all'847 quando fu saccheggiato da Platone di Veroli, capitano della Campania, che si occupò di traslarlo nella chiesa di Sant'Andrea a Veroli. Successivamente con l'invasione saracena di Veroli, il corpo di san Magno fu spostato ad Anagni. Al 979 risale il primo documento sul monastero; in questo anno i consoli e duchi di Gaeta e Fondi elargirono donazioni in favore dello stesso cenobio. Nel 1049, come riporta il Codex Diplomaticus Cajetanus, il monastero riceve una donazione di alcuni appezzamenti di terreno, ubicati nelle vicinanze della struttura, da parte di una donna di Terracina. Il monastero, fino al 1072, fu autonomo e gestito dai monaci ordinari.
In seguito il console Gerardo di Fondi donò il monastero all'abbazia di Montecassino. La conferma della donazione è confermata dalla comparsa del titolo del monastero sul quinto pannello della porta bronzea dell'Abbazia madre. Fino alla metà del XV secolo diversi diplomi pontifici attestano che il monastero di san Gregorio Magno è prepositura di Cassino.
Nel 1492 Alessandro VI passò con una bolla pontificia il monastero alla congregazione dei Benedettini di S. Maria di Monte Oliveto. Nel XV secolo il monastero fu ricostruito da Prospero Colonna. Nel corso dei secoli il monastero, data l'importanza dello stesso stabile, conobbe alterne fortune contabili e spogliazioni di vandali (nel 1798 i francesi distrussero parte del monastero e spogliarono gran parte dei locali monastici). Nel 1807 il complesso monastico fu soppresso in seguito ai saccheggi operati dalle truppe di Napoleone. I beni inizialmente vengono acquistati dal Comune e dal Demanio e in seguito passarono ai privati, fino all’acquisizione da parte della Regione Lazio nel 2000 che ha portato al restauro e al recupero del complesso monastico.
Le indagini archeologiche recenti hanno reso possibile individuare, sotto la chiesa superiore fatta costruire di iniziativa di Prospero Colonna alla fine del XV secolo, una chiesa precedente di cui si erano perse del tutto le tracce. L'impianto della chiesa superiore fu fortemente condizionato dalla presenza di una sostruzione romana sottostante alla navata della chiesa; anche il presbiterio risente dell'antica costruzione tanto da incorporare la costruzione più antica nelle murature perimetrali della navata. Grazie ai recenti scavi è possibile affermare che l'abbazia possa risalire alla prima metà del IX secolo.
Il monastero ha rappresentato per secoli un fondamentale luogo di culto e di aggregazione, acquisendo anche una certa importanza economica. Del complesso monastico sono state rinvenute: la chiesa di epoca medievale a croce latina e dotata di cripta, che conserva pregevoli affreschi, tra cui spiccano quelli con scene di vita di San Benedetto; la chiesa rinascimentale riaperta al culto e intitolata a san Benedetto; alcune strutture pertinenti forse alle ultime fasi di vita del complesso, in particolare il mulino, la foresteria e delle vasche di lavorazione dell'olio. Il complesso include una foresteria ed un mulino ad acqua.
Oggi il monastero è affidato all'arcidiocesi di Gaeta.