Parco della Rimembranza

Da DPCServizi | Gio, 05/11/2023 - 11:42
Si trova a Terracina (LT) ed è stato uno dei primi parchi cittadini ad essere istituito con decreto regio del 1924, per commemorare i 141 cittadini di Terracina caduti nel corso della prima guerra mondiale. A ognuno di loro fu dedicato un albero e l’incisione del proprio nome. Si estende sul pendio sotto l’acropoli, e alle porte del centro storico alto di Terracina. Una scalinata monumentale dà accesso ad un forte declivio percorso da sentieri.In una cornice naturale lussureggiante i sentieri che lo percorrono portano a scoprire le mura poligonali e scorci panoramici sulla città, sul mare e sul tempio di Giove. Tra il verde si aprono finestre e terrazze che offrono scorci suggestivi sul mare e sul promontorio del Circeo. La messa a dimora di piante esotiche secondo la moda degli anni 20, l'invasione della flora spontanea, nonché gli interventi più recenti hanno creato un'oasi naturalistica tanto che il parco viene utilizzato come laboratorio didattico e di ricerca naturalistica. L'aspetto botanico, seppure predominante, non è il solo. Il visitatore lungo il percorso scopre tracce della storia passata della città dal Muraglione in opus poligonale a quello del tempio di Minerva in opus quadratum, per poi scoprire in una piccola vetrina ricavata in una piccola cavità naturale resti di pesi di antichi telai lucerna e spezzate manici di anfora, tessere di mosaico, testimonianze di vite passate e commerci. Ciò che invece, rimane della testimonianza del debito di riconoscenza dei concittadini ai caduti per la patria. sono delle pietre che furono originariamente sottratte dal basolato dell'antica Appia per essere collocate ai piedi di cipressi a commemorazione dei caduti, per essere infine riutilizzate a parziale pavimentazione durante i lavori di manutenzione. Le lettere in piombo con il nome dei caduti furono perse già dopo la seconda Guerra Mondiale ma rimane superstite una sola lapide in quanto il nome fu inciso direttamente sulla pietra.

Chiesa di Canterbury e Carcere

Da DPCServizi | Sab, 05/06/2023 - 11:46
Situata a ca. m 100 dalla Portella, la chiesa era in origine dedicata a San Tommaso Becket o di Canterbury, fondata tra il 1200 e il 1300. La struttura fu valorizzata dal vescovo G.B. Comparini nel 1599 al tempo della Sacra Visitatio; il vescovo la descrisse, parlando principalmente degli affreschi interni che narravano la vita di San Tommaso. Nel 1700 fu ampliata dedicata a San Ferdinando, ma non più riconsacrata. Lo stabile nel 1806 divenne gendarmeria dello Stato Borbonico e suddiviso in due livelli. Il piano superiore era adibito ad alloggi per la guardia reale, mentre nel piano inferiore erano più stanze con all'esterno la stalla per i cavalli e accanto, in una struttura distaccata verso est, il carcere. Nel retro della chiesa ancora visibile il muro semicircolare, conservato per l'intera altezza, che in origine delimitava l'abside. La porta d'ingresso incorniciata e coperta da una mensola realizzata con stucco a rilievo.

Chiesa di San Rocco

Da DPCServizi | Sab, 05/06/2023 - 11:43
Chiesa edificata nel 1100, quando ebbe inizio il culto dei Santi. La chiesa è ad unica navata corta, con altare, coro e sul lato la piccola sagrestia. La struttura, che si sviluppava originariamente su due livelli, era chiusa da un tetto a capanna semplice con alla un'esile campanile. Il livello superiore, dove si univano i membri della congrega della "preghiera e della morte loro che aiutavano a seppellire i poveri morti per peste), i cui nomi erano riportati sulle pareti alte della chiesa, così come la pittura di un tempio romano locale, fu livellato nel 1881 per la costruzione dell'attuale Comune, prima vecchia caserma dei carabinieri. A pochi passi dall'edificio comunale è una delle tre porte urbiche del paese, prima porta Sant'Antonio Abate e de San Rocco. Accanto alla chiesa era un piccolo carcere utilizzato nel 1800 e poi abbandonato

Chiesa della Madonna della Ripa

Da DPCServizi | Sab, 05/06/2023 - 11:36
Chiesa a croce latina edificata nel IX sec., interamente realizzata in pietra locale, in cui è ancora visibile, nella lunetta esterna sull'ingresso originario poi chiuso, l'immagine della Madonna che allatta il Bambino. Sempre all'esterno si nota l'esile campanile e i lucernari circolari presenti sull'intero perimetro. Su una delle pareti interne è un affresco che riproduce l'immagine di San Benedetto, mentre la pala d'altare fu rubata dopo il 1970. Nel 1835 la chiesa fu adibita a lazzaretto, in seguito riaperta al culto nel 1970 e poi chiusa definitivamente. Recentemente è stato restaurato il tetto della chiesa, ma no quello della canonica ancora fatiscente.

Villa San Vito

Da DPCServizi | Sab, 05/06/2023 - 11:11
In località Villa San Vito era in antichità un borgo medievale, per alcuni di fondazione più arcaica (romano-imperiale), sviluppato ai piedi del Monte Arcano dov'è tuttora visibile una cascata costruita su un'antica sorgente, che prese nel passato il nome di "Cascata Paradiso" per via della folta vegetazione che arricchiva lo scenario naturale. I resti di antiche abitazioni medievali sono ancora visibili grazie, sostanzialmente, al repentino abbandono dell'area in seguito alla violenta distruzione voluta dalla contessa Isabella Colonna, divenuta contessa di Fondi. La distruzione mediante incendio fu ordinato a causa di un contenzioso sorto tra la stessa contessa e il proprietario del feudo, il vescovo Giacomo Pellegrino, che aveva sul piccolo Monte di San Vito una residenza e una chiesa votata al Santo, di cui restano poche tracce archeologiche. Le case individuate, ancora per buona parte obliterate dal terreno, sono di tipo monocellulare e di forma quadrangolare o rettangolare, con all'interno banchette e rivestimenti in stucco bianco. Da San Vito si sviluppa un fitto bosco, l'unico esistente in Italia peninsulare con alberi da sughero (guercus suber), secondo solamente a quello sardo della Gallura. Il bosco si estende su una superficie di ca. 300 ha, presentando un tipico sottobosco mediterraneo, in cui è particolarmente prolifera l'erica, oltre ad una fauna piuttosto ricca di specie.

Portico della Scacco

Da DPCServizi | Sab, 05/06/2023 - 11:05
Nella piazzetta principale del Centro Storico si può ammirare il portico detto dello Scacco, perché ingresso alla casa del Vescovo Giacomo Pellegrino e dello stesso pittore. La struttura presenta un'arcata a sesto acuto sui lati brevi e a tutto sesto in facciata, entrambi poggiati su imposte a mensola posizionate ad altezze differenti, si ritiene che l'arcata possa essere datata al 1400. Sull'abitazione del pittore era la casa del vescovo, residenza in cui G.P. mori nel 1537. In asse con l'arcata in facciata è una lunga galleria che in origine dava accesso con una scalinata all'abitazione del vescovo. Sul retro della residenza vescovile dov'era una graziosa finestra bifora recentemente rimossa dagli attuali proprietari, sono ancora visibili, a 0,50 m da terra, le iniziali dello stesso vescovo scolpite sulla pietra e dipinte di rosso. Di fronte è la residenza estiva del vescovi di Fondi prima e di Gaeta poi che durante la Sacra Vitatio fatta da G.B. Comparini nel 1599 fu utilizzata, per un lungo periodo, come sede privata del vescovo, Tale struttura presenta tre livelli di cui il primo corrisponde al piano stradale e non conserva più gli clementi caratteristici presenti sul resto della facciata, si tratta di finestre e balconi incorniciati da stucchi modanati e sormontati da timpani e lunette aggettanti; sul lato sud è ancora presente un piccolo terrazzo che affaccia sul mare.

Castello e Porte Urbiche

Da DPCServizi | Sab, 05/06/2023 - 10:45
Nella parte più interna del monte sorge il Castello di origine longobarda (VII secolo) che domina tutta la parte bassa. L'intero complesso sarebbe stato costruito sui resti di una fortezza o di un tempio romano. La sua pianta è irregolare, munita di un cortile interno, più arcaico e di forma quadrangolare, e uno più esterno, irregolare, dovuto all'ampliamento fatto eseguire da Onorato II Catani fortificandone anche la cinta esterna con l'innalzamento di altre torri. I diversi ampliamenti sono ben visibili sulla facciata esterna realizzata interamente in pietra locale, sulla quale è anche presente un piccolo balcone forato utilizzato, in caso di attacchi, per rovesciare olio bollente sui nemici. Il castello controlla la piana di Fondi e di Monte San Biagio, eccellente luogo di vedetta per i pericoli che giungevano dal mare e dalle terre limitrofe. Sul lato sud-ovest, nella parte più arcaica del complesso, sorge il grande torrione a pianta triangolare, uno dei pochi esempi esistenti in Europa. In prossimità dello stesso castello ed inserite nella originaria cinta muraria, sorgono le porte urbiche, esse erano tre: Porta Castello, realizzata su vicolo castello che da via Roma, mediante un'asse verticale, permetteva di giungere al castello, Porta San Rocco, visibile accanto al palazzo comunale, era in origine Porta Sant'Antonio Abate, la cui chiesa era posta proprio al di sopra della porta urbica, Porta San Vito, così chiamata perché rivolta verso il feudo di San Vito. Di queste porte, due delle quali smontate all'avvento del 1900, restano le sole imposte delle arcate originarie. Le porte urbiche immettevano in un'unica galleria medievale percorribile, il cui tratto meglio conservato e quello visibile tra Piazza Verone e Porta San Vito. Tale galleria, costituita da arcate in successione interamente realizzate con pietre di varie pezzature e con aperture per le guarigioni armate di vedetta, erano dei classici passaggi coperti, rinforzati all'esterno da contrafforti, da cui vari vicoli consentivano, e consentono tuttora, di risalire verso il centro alto per giungere velocemente al castello.

Chiesa di San Giovanni Battista

Da DPCServizi | Sab, 05/06/2023 - 10:41
La chiesa è a pianta rettangolare con navata centrale e quattro cappelle laterali, su ciascun lato, disposte in successione. Al termine della navata centrale è l'altare principale, datato al XVIII secolo, dietro cui è un'abside rettangolare che ospita la scola cantorum, sull'ingresso è un organo realizzato con parti di organi differenti databili tra il 1752 e i primi anni del 1800. La fu fondata in età longobarda (ca. VII secolo) forse su un tempio pagano-romano, edificata nel suo primo impianto e una chiesa a pianta centrale, descritta accuratamente durante la Sacra Visitatio del 1599, con copertura a tegole e mente affrescata all'interno. La chiesa fu ampliata la prima volta nel 1727, poi nel 1948, quando furono rimossi anche affreschi, e un'ultima volta nel 1967, fino a creare la strutturata attuale, con archi di volta a tutto sesto nella navata centrale che scandiscono le quattro campate. Nelle prime due cappelle, pertinenti l'impianto originario della chiesa, sono dipinti relativi "Il Cristo con Santi" e "Maria con il Bambino e Santi". Tra le cappelle importanti è la terza a destra che custodisce il busto d'argento e bronzo fuso del Patrono San Biagio. L'opera principale e più importante resta comunque il trittico del 1500 di Cristoforo Scacco realizzato con olio su tela e intitolato "Lo sposalizio di Santa Caterina", la cui scena è al centro della pala d'altare con ai lati San Giovanni Battista e San Giovanni detto "il fratello di Gesù". Nella lunetta in alto visibile la Morte della Vergine e in basso l'Ultima Cena, con ai quattro angoli lo stemma di casata del pittore. Dietro l'altare principale è la tomba della famiglia Scacco con annessi stemmi (timone, stella e bandiera a scacchi). All'esterno è visibile l'alto campanile a forma di parallelepipedo iscritte con dediche a Santi e alla Madonna, oltre al piccolo sagrato a cui si accede mediante una scalinata. Il portale principale è incorniciato da elementi modanati a rilievo, terminanti in alto con l'immagine dell'agnello e stendardo affiancata da un'iscrizione latina che riporta la dedica a San Giovanni Battista, cui la chiesa è dedicata. Ai lati dell'accesso al campanile e canonica, fatta costruire da Don Giuseppe Di Fazio nel 1976-77, sono un'iscrizione latina che reca il nome dell'imperatore Caracalla e un ceppo miliare dell'imperatore Cesare Marco Aurelio rinvenuto lungo il tracciato della via Appia.

Mausoleo dell'Imperatore Galba

Da DPCServizi | Sab, 05/06/2023 - 10:35
Al km 110.500 della via Appia è il mausoleo attribuito per anni all'imperatore romano Servio Sulpicio Galba, ma de rinvenimento di una fistula di piombo ha permesso di attribuire a Sex Julius Frontinus (Sesto Giulio Frantino) che possedeva nella zona, secondo le fonti letterarie, una sontuosa villa ancora non rinvenuta. Il mausoleo è di lime quadrangolare con perimetro di ca. 32 m e alzato conservato di ca. 10 m. La struttura è realizzata con grossi blocchi monolitici, bugnati sulla faccia nord dov'è l'ingresso. A ca. 500 m a nord rispetto al mausoleo descritto, oltre i la ferrovia, ma allineato con quest'ultimo, è un secondo mausoleo, leggermente più piccolo, sempre di forma quadrangolare detto della "Marchesella" o "Marchicella" dalle genti del luogo. Il complesso è privo della copertura e presenta l'ingresso architrave modanata sul lato ovest. Alcune testimonianze riportano la presenza di pitture all'interno della camera funeraria ma oggi tali tracce non sono visibili. Secondo le testimonianze fornite dai locali, le due strutture sarebbero collegate da un lungo cunicolo sotterraneo che sarebbe stato parzialmente esplorato negli anni settanta del 1900.

Torre dell'Epitaffio

Da DPCServizi | Sab, 05/06/2023 - 10:21
Al km 109,400 della via Appia si incontra il complesso detto dell'Epitaffio. Si tratta di un monumento realizzato con pietra calcarea affiancato da una torre e da una porta d'ingresso sotto cui passava l'antica via Appia che scendeva da Piazza Palatino (Terracina). Il monumento è costituito da un basamento realizzato con blocchi di maggiori dimensioni di tipo più arcaico (forse un altare pagano), mentre l'alzato con quattro cariatidi a volto maschile, iscrizione centrale, modanature e blocchi di minori dimensioni sono pertinenti a modifiche apportate nel 1568. L'opera affianca, come accennato, la nota Torre 'avvistamento voluta dal papa Sisto V perché confine dello Stato Pontificio La Torre è costituita da un corpo parallelepipedo impostato su un basamento troncopiramidale; l'alzato termina con una merlatura aggettante all'esterno. Su ciascun lato dell'alzato sono visibili due finestre, mentre su tre lati sono porte d'accesso alla struttura. La torre è realizzata con pietre di pezzatura piccola e media, con angolari squadrati anch'essi in pietra locale, ricoperti in origine da stucco, di cui sono ancora visibili i resti; fino al 12 gennaio 1927 l'Epitaffio segnava anche il confine politico tra Lazio e Campania. L'area compresa tra la torre di Portella e l'Epitaffio, ca. 1.000 ettari, risultava terra neutrale e sfuggiva alla vigilanza della gendarmeria pontificia e borbonica per cui il brigantaggio ne beneficio per i propri interessi. A segnare fisicamente il confine tra chiesa e regno di Napoli erano vari cippi lapidei, ancora visibili sul terreno, con inciso il giglio mal lato di Napoli e le chiavi incrociate sul lato verso Roma. Sotto uno di questi segnacoli è stato rinvenuto recentemente un grosso disco bronzeo con rappresentati i simboli dei due stati confinanti.